Due milioni di abitanti, terza capitale economica del Paese, è il cuore della manifattura del Sol Levante. Il sì di Grana Padano e MGM
Riccardo D’Urso, fratello di Barbara, ha creato WJ Network per aiutare le imprese nell’export e attrarre capitali nipponici
Nagoya, oltre due milioni di abitanti, quarta città del Giappone per popolazione e terza per importanza economica, strategicamente affacciata sul Pacifico nell’isola centrale di Honshu, primo porto commerciale del Paese, è il capoluogo della provincia di Aichi, cuore pulsante della manifattura giapponese.
Tecnologia
Centro dell’aerospaziale e sede di grandi gruppi industriali e dell’hi-tech, è soprattutto la terra della Toyota e della tecnologia dell’auto. Non a caso Nagoya è legata a Torino, la città del car business italiano, da un gemellaggio che l’allora sindaco Chiamparino firmò in Giappone nel 2005, quando la provincia di Aichi e Nagoya organizzarono l’Expo che tra pochi mesi porterà il mondo a Milano per l’edizione 2015.
Dove si concentra tanta produzione, che alimenta il Pil più di qualunque altra area del Giappone, c’è anche ricchezza diffusa. Il livello di vita è alto, gli shop delle grandi firme della moda vendono più a Nagoya che a Ginza, il quartiere del lusso di Tokyo. Ma i costi del vivere, a fronte della qualità che la città e la provincia offrono, sono relativamente più bassi; anche nella logica di un’impresa che arriva dall’estero, che già trova un ambiente quasi ideale: altissima qualità della manifattura, ricerca avanzata, imprese solide e affidabili, tecnici e maestranze famosi in Giappone per la loro abilità, infrastrutture e trasporti d‘avanguardia, istituzioni particolarmente orientate alla collaborazione internazionale.
Eppure soltanto il 3% delle partnership estere con operatori giapponesi della provincia di Aichi vedono protagoniste imprese italiane. Quello di Nagoya è un mercato molto più difficile rispetto a Tokyo, si è sempre ritenuto. E forse, almeno inizialmente, è vero.
Ma nella business community giapponese si dice da sempre: «Se hai successo a Nagoya, hai successo in tutto il Giappone!». Per questo Riccardo D’Urso, 44 anni, imprenditore e manager napoletano che il Giappone lo conosce bene perché ci ha studiato, vissuto e lavorato, ha stabilito a Nagoya la base della sue attività nel Far East.
D’Urso, fratello di Barbara star televisiva, ha creato WJ Network, un sistema italo – giapponese fondato su partnership internazionali, supportalo dalle istituzioni governative e da una solida rete imprenditoriale e finanziaria locale.
Formaggio e tartufi
«Puntiamo alla creazione – racconta D’Urso a Corriere Economia — di una nuova business community made in Italy che faccia da referente per le attività finanziarie, commerciali e culturali tra l’Italia e il Giappone».
I settori privilegiali sono food and beverage, fashion, design, intrattenimento e turismo, nell’ambito dei quali vengono costituite newco a capitale italo- giapponese che promuovono e gestiscono direttamente il made in Italy.
Molte aziende hanno già seguito D’Urso, come il Consorzio del Grana Padano, o la Mgm distributrice di tartufi e prodotti alimentari di eccellenza che darà vita a Milano a un centro internazionale per la promozione del cibo e della cucina giapponese, o lo Studio Rotella (architettura e design).
D’Urso ha lanciato anche Wjtv, network televisivo italiano 3.0, evoluzione di Streamit Japan, rivolto alle imprese asiatiche con 10 canali tematici dedicati alla promozione del made in Italy.
Il giovane imprenditore napoletano, ha sposato lo slogan di «Mappe dei tesori d’Italia»,associazione promozionale senza fini di lucro presieduta da Claudio Chetta, di cui è il general manager: Back to Culture, back to business.
Le imprese partner vengono così stimolate a fondare la propria attività di internazionalizzazione sulla conoscenza del Paese target. HiroyasuNaito. presidente e amministratore delegato di Rinnai Corporation, gigante delle caldaie a gas, in qualità di vice presidente della Camera di Commercio di Nagoya, dice che si guarda alle imprese italiane soprattutto per la capacità di valorizzare i prodotti, presentarli e commercializzarli.
«Noi abbiamo prodotti ottimi, di grande manifattura e alta qualità, ma non siamo poi così bravi a venderli.
Le partnership con le imprese italiane sono un’opportunità di successo per affermare sia prodotti del made in Italy sia prodotti giapponesi».